Dicevano di amare la scienza
Ma le stavano solo guardando il culo mentre passava per strada
Gli eventi
Quando è stato annunciato al mondo che nel giro di qualche mese sarebbero arrivati dei vaccini per il Covid, ero entusiasta. Pensavo di vaccinarmi il prima possibile e ben ricordo la reazione di stupore che ho avuto quando un amico mi ha detto che probabilmente lui invece avrebbe aspettato e valutato se farlo, sentendo di non averne particolare bisogno. Ci stava, dopotutto eravamo giovani e atletici, e la malattia aveva dimostrato di non essere così pericolosa per la nostra demografica. Anziani e fragili dovevano assolutamente avere la precedenza. Tuttavia, perché non approfittarne “giusto per sicurezza” nel momento in cui sarebbe stato disponibile per tutti? Che male avrebbe fatto? Questo pensavo, ingenuamente, avendo nella testa l'immagine dei vaccini cosiddetti tradizionali.
Sì, mi rendevo conto che chiamare in egual modo dei prodotti non a base di un virus inerte o attenuato, ma di un mRNA che desse alle cellule della persona inoculata l'istruzione di produrre al proprio interno una proteina che poi gli anticorpi avrebbero riconosciuto e attaccato fosse un po' forzato, cosa che in seguito gente molto più competente di me – fra cui ci tengo a menzionare
, grazie al quale ho potuto cogliere molte delle cose che vedrete scritte in questo articolo – ha tentato invano di far presente nei dettagli. Persino la definizione stessa di vaccino sul Merriem Webster Dictionary era stata modificata in modo da poterli includere nella categoria. Ma non avendo idea di quanto le norme regolatorie sulla sicurezza dei vaccini fossero più lasse rispetto a quelle di tutti gli altri farmaci – ci torno a breve – né di quanto poco realmente si conoscesse del meccanismo di azione, fino a quel momento mai usato a tal scopo negli esseri umani, lì per lì l'ho trovata una piccolezza.E poi, a dirla tutta, il lockdown mi aveva segnato profondamente, facendomi ricadere in una depressione con ideazioni suicidarie che pensavo di aver sconfitto da anni e portandomi via un amico che, le stesse ideazioni suicidarie, le ha realizzate lanciandosi dal balcone dopo essere stato privato dell'unica cosa che lo teneva sano, ossia il lavoro a cui aveva dedicato la vita. Era il fondatore di un'impresa di successo, e per i giornali è morto colto da un malore. Sapevo bene che dei “professionisti dell'informazione” non ci si potesse minimamente fidare, ma vedere una menzogna così palese e al contempo così passabile per innocente su una persona a me cara ha fatto un effetto di un altro livello.
Avevo maturato la convinzione che, sul presupposto estremamente raffazzonato che chiudendoci in casa avremmo ridotto la mortalità proteggendo le persone più fragili, non solo stessimo subendo un gravissimo atto criminale, ma paradossalmente creando un incalcolabile danno iatrogeno. Convinzione che si è poi consolidata negli anni a venire, una volta portata alla luce diversa evidenza che, ad esempio, chiudere le scuole facesse enormi danni senza contribuire significativamente a ridurre i contagi e figure autorevoli che si erano espresse contro il lockdown erano state censurate. I vaccini erano la speranza a cui avevo bisogno di attaccarmi, come tutti, e non immaginavo minimamente che il peggio dovesse ancora venire.
Il mio entusiasmo a riguardo ha subito la prima, leggera inflessione quando sono arrivati i dati dello studio di Pfizer. La casa farmaceutica è stata svelta a dichiarare un'efficacia del 95% del proprio prodotto nel prevenire il Covid, ma i numeri guardati dall'interno mi avevano lasciato vagamente perplesso: su più di 40.000 partecipanti, vi erano stati 8 casi sintomatici nel gruppo dei vaccinati, di cui 1 grave, e 162 nel gruppo placebo, di cui 9 gravi. Due differenze relative di un intero ordine di grandezza, vero, ma su un numero assoluto di infezioni sintomatiche, e soprattutto di infezioni gravi talmente basso che, nella mia genuina ignoranza, mi ha portato a chiedermi come si potesse essere sicuri che quel decantato 95% di efficacia non fosse frutto di una semplice fluttuazione casuale. Il cosiddetto P-hacking è pratica ben conosciuta nella ricerca scientifica, Pfizer era già stata pluricondannata per numerose azioni fraudolente e certo non mancavano gli incentivi per tirare fuori quanto prima dei risultati positivi, in un modo o nell'altro.
Poco dopo però sono arrivati i dati dello studio di Moderna, con numeri molto simili: circa 30.000 partecipanti, 11 casi sintomatici nel gruppo dei vaccinati, di cui nessuno grave, e 185 nel gruppo placebo, di cui 30 gravi. A quel punto, ho alzato le mani. Per essere stata replicata in quel modo con un prodotto analogo, evidentemente non si trattava di una fluttuazione casuale. I risultati di entrambi gli studi sono stati ritenuti buoni abbastanza dalle agenzie regolatorie per conferire ai rispettivi prodotti l'autorizzazione emergenziale. Resta che si trattava di risultati molto preliminari, basati su follow-up di soli due mesi per la maggior parte dei partecipanti, la cui trasposizione nel mondo reale in una riduzione della mortalità non era affatto scontata, come notava, ancora, gente molto più competente di me. Considerato tutto, alla fine anch'io decisi che avrei preferito aspettare maggiori conferme prima di vaccinarmi, non essendo un soggetto per cui il Covid costituiva particolare rischio. L'importante, alla fine, era che si vaccinassero gli anziani, e l'emergenza sarebbe finita. Così speravo.
Ma di aspettare non mi fu permesso. Il vaccino fu imposto a chiunque volesse tornare a fare una vita normale, in alternativa al testarsi con un tampone ogni due giorni, sul pretesto mai dimostrato che i vaccinati, quandanche infetti, contagiassero meno dei non vaccinati. Si può discutere se fosse necessario o meno, ma è importante rimarcarlo, che non è mai stato dimostrato. Gli studi autorizzativi – che nemmeno hanno controllato le infezioni asintomatiche – non erano stati progettati per questo, come la stessa Pfizer ha poi dichiarato tempo dopo davanti al Parlamento Europeo, lasciando sbigottito solo chi fino a quel momento non aveva prestato la minima attenzione. E no, la semplice plausibilità teorica non costituisce prova scientifica, come ben sa chiunque si sia mai occupato di ricerca e, a dirla tutta, ben dovrebbe sapere chiunque sia dotato di buon senso. La verosimiglianza di qualcosa, da sola, può valere una raccomandazione, non certo una costrizione.
Tuttavia non era il momento per il buon senso, o per le semplici raccomandazioni. Lo stesso panico che aveva guidato l'anno prima la decisione di mettere tutti agli arresti domiciliari stava guidando quella di costringere tutti ad assumere un farmaco di cui ancora non si conosceva minimamente il profilo di sicurezza. Quel che è peggio: gli strumenti a disposizione per controllare le reazioni avverse su larga scala si stavano rivelando assolutamente inadeguati.
Ho menzionato prima che le norme regolatorie usate per stabilire la sicurezza dei vaccini sono più lasse di quelle usate per tutti gli altri farmaci. Per questi ultimi, nell'analizzare una possibile associazione causale fra l'assunzione e un'apparente reazione avversa, si prende in primis in considerazione la successione temporale e solo alla fine la plausibilità del nesso. Il razionale è tener conto che “non si sa ciò che non si sa” e una reazione avversa può avvenire anche per meccanismi ancora ignoti, per cui l'atteggiamento più prudente è considerare ogni segnale come un segnale a cui dare attenzione, quand'anche il nesso pare poco plausibile in base alle conoscenze del momento.
Un buon numero di esempi di farmaci e terapie approvati sulla base di studi frettolosi e poi ritirati dal mercato dopo la scoperta di danni inaspettati si trova nel libro Ending Medical Reversal: Improving Outcomes, Saving Lives di
e . Prasad è un altro che, al pari di Cosentino, mi ha permesso di capire molti dei tecnicismi di cui sto parlando.Per i vaccini, al contrario, si seguono le linee guida AEFI della World Health Organization e in primis si analizza la plausibilità del nesso. Inoltre, anche laddove lo stesso è ritenuto plausibile, non lo si tiene in considerazione se ci sono altre cause plausibili e, ciliegina sulla torta, se queste non ci sono si va a cercare un “precedente analogo” nella letteratura prima di spingersi a dire che sì, forse potrebbe essere stato il vaccino la causa dell'evento avverso! Tutto ciò crea un paradosso pericolosissimo quando, per forza di cose con un prodotto appena sviluppato, non si conoscono i meccanismi d'azione abbastanza da dire quali nessi siano plausibili, né possono esserci precedenti analoghi in letteratura.
La potenziale problematicità di una barriera d'ingresso così alta per iniziare a prendere sul serio una correlazione era già stata rilevata, di nuovo da gente ben più competente di me, in tempi non sospetti, molto prima dell'epidemia di Covid. Inoltre, quando solo successivamente viene analizzata la successione temporale, in genere si ammette una finestra estremamente ristretta dalla somministrazione, oltre la quale ogni potenziale reazione avversa non si tiene più in considerazione. In Italia l'AIFA ha deciso di mettere il limite a 14 giorni, il che l'ha portata a escludere, come riportato nel suo primissimo report dal rilascio dei vaccini Covid, ben 223 delle 758 segnalazioni di decesso ricevute.
Nel frattempo, negli USA, il VAERS stava accumulando più segnalazioni di eventi avversi, e in particolare morti, che per tutti gli altri vaccini esistenti sommati. Una cosa che i fact-checkers, categoria per cui mi auguro esista un girone dedicato all'inferno, si sono affrettati a dire non significasse assolutamente nulla, giacché appunto dalle sole segnalazioni spontanee non si poteva desumere nesso causale. Peggio ancora Anthony Fauci, allora consulente medico della Casa Bianca, e Rochelle Walensky, allora direttrice del CDC, che, interrogati in Senato a riguardo, affermavano “il problema del VAERS è che ci viene segnalato anche chi muore investito da un'auto dopo aver fatto il vaccino”: una colossale e palese stronzata, che dalla loro posizione non poteva certo essere detta per semplice ignoranza. A meno di massiccio abuso fraudolento, che comunque sarebbe tutto da dimostrare, nessun sistema di farmacovigilanza raccoglie eventi così palesemente scorrelati dall'assunzione del farmaco. Il problema del VAERS, casomai, è l'underreporting.
Ma soprattutto, anche immaginando fosse come dichiarato da Fauci e Walensky, lo stesso sarebbe valso per le segnalazioni passate, relative a tutti gli altri vaccini. Se molte segnalazioni erano in realtà semplici coincidenze temporali in quel momento, cosa possibilissima, molte dovevano esserlo anche prima. A parità di criterio, avrebbe dovuto saltare all'occhio proprio il fatto che il numero fosse cresciuto enormemente. Delle due l'una: o il VAERS era un sistema di segnalazione affidabile, e in tal caso anche gli USA stavano ignorando da mesi un segnale allarmante, seppur ovviamente da verificare, oppure non lo era, e non lo era neanche prima, e neanche loro avevano un mezzo adeguato per stabilire la sicurezza dei vaccini su larga scala.
Ovunque si stava giocando col fuoco senza un estintore, procedendo imperterriti a fronte di un principio di cautela che avrebbe dettato almeno di togliersi la sigaretta di bocca. I vaccini erano sicuri ed efficaci! C'era bisogno di crederlo, vero o meno, per non affrontare il peso psicologico collettivo di un ulteriore costo affondato, dopo tutto ciò che già ci era stato portato via. Dunque così è stato deciso, fideisticamente, e nulla avrebbe smosso le masse da questo dogma, men che meno chi aveva ogni incentivo per promuoverlo: dai virologi da salotto, altra categoria per cui mi auguro esista un girone dedicato all'inferno, ai governi e, ovviamente, le case farmaceutiche stesse.
Gli studi di Pfizer e Moderna in origine prevedevano dei follow-up aggiuntivi a sei, dodici e ventiquattro mesi, al termine dei quali i loro prodotti avrebbero eventualmente ottenuto l'autorizzazione definitiva. Ma questi follow-up non ci sono mai stati: forti del furor di popolo, che aveva appunto già deciso fossero prodotti sicuri ed efficaci, hanno ritenuto sarebbe stato antietico negare la vaccinazione al gruppo di controllo e deciso di andare contro qualsiasi principio di buona pratica scientifica procedendo a offrirgliela, interrompendo il doppio cieco e vanificando il proposito dei successivi follow-up a quello che gli aveva fatto ottenere l'autorizzazione emergenziale. Qualsiasi possibilità di raccogliere ulteriori dati in condizioni controllate è andata in fumo.
E così siamo cascati dal pero, scoprendo che la presunta efficacia della protezione vaccinale svaniva nel giro di due o tre mesi. Allora si è pensato a una terza dose, per buona misura. Studi randomizzati per stabilirne l'efficacia o la sicurezza non ce n'erano, ma ormai chi “seguiva la scienza” non si poteva più certi problemi. Tanta pressione la Casa Bianca ha fatto sulla FDA – un ente non certo noto per lesinare nell'autorizzare farmaci – affinché la autorizzasse che due suoi dirigenti, Marion Gruber e Philip Krause, hanno deciso di dimettersi, non ritenendo ci fosse la necessaria evidenza. Meglio non andava per le vaccinazioni ai minori di dodici anni, autorizzate sulla base di studi che facevano unicamente un conteggio degli anticorpi; conteggio che, notare bene, si era detto insufficiente ai fini di valutare l'immunità per ottenere qualsivoglia passaporto vaccinale – in Italia, il Green Pass – senza fare un richiamo. E a proposito di Green Pass: mentre i non vaccinati erano tenuti a testarsi ogni due giorni per poter fare qualsiasi cosa, i vaccinati circolavano liberamente anche quando potenzialmente infetti, se asintomatici. Dunque, all’atto pratico, chi aveva più possibilità di contagiare qualcuno? Il motivo per cui la cosa non ha sfiorato le istituzioni come palese contraddizione logica è che la logica di simili misure non era proteggere efficacemente la gente: era spingerla a vaccinarsi. E rivaccinarsi.
I dati postumi
Abbiamo i dati sull'eccesso di mortalità di numerosi paesi, cortesia di
, confermati anche dal British Medical Journal, che ne mostrano un incremento globale nel 2021 maggiore di quello avvenuto nel 2020. Avete capito bene: nel 2021, per alcuni paesi anche nel 2022, ci sono stati più morti in eccesso che nel 2020. Va detto che sarebbe oltremodo sbagliato ricondurre automaticamente il fenomeno alle vaccinazioni… e infatti qualsiasi spiegazione alternativa è stata proposta per spiegarlo: bere caffè, saltare la colazione, vivere vicino all'aeroporto, fare attività fisica, fare giardinaggio, spalare la neve, addormentarsi davanti alla TV. Tutte cose che aumentano il rischio di morte improvvisa molto più che assumere un farmaco sperimentale, a quanto pare. Non mi credete?Fermo restando la prodezza delle arrampicate sugli specchi dei giornalisti, è comunque vero che la mortalità in eccesso, da sola, al massimo smentisce, o quantomeno rende molto implausibile, l'ipotesi che questi vaccini abbiano salvato milioni di vite, ma nulla ci dice su quante ne abbiano potenzialmente rovinate o interrotte. Però abbiamo anche, finalmente, un'analisi completa e trasparente dei dati del VAERS, cortesia di
, confermati da altri sistemi indipendenti di vigilanza quali l'EudraVigilance in Europa, il sistema Yellow Card del Regno Unito e V-Safe, un programma sviluppato sempre negli USA appositamente per la distribuzione dei vaccini Covid che, costretto da una vertenza del Freedom Of Information Act, ha rivelato che, dei 10 milioni di volontari iscritti, 770.000 hanno avuto reazioni avverse abbastanza gravi da richiedere assistenza ospedaliera.Qualsiasi indagine retrospettiva dei dati provenienti dai sistemi di farmacovigilanza ha raccolto segnali d'allarme preoccupanti. Questa, utilizzando i database del CDC, della FDA e del VAERS a partire dal 1990, ha conteggiato gli episodi di trombosi venosa cerebrale registrati negli USA riconducibili alle vaccinazioni per il Covid, comparandoli a quelli riconducibili alle vaccinazioni per influenza e per altre malattie, rilevando un aumento del 112000%. No, non è un errore di battitura: centododicimilapercento. Si parla di 5137 episodi in 3 anni riconducibili alla vaccinazione per il Covid contro 334 (52+282) in 43 anni riconducibili a tutte le altre vaccinazioni messe assieme, nella popolazione degli USA.
La più grande analisi di questo genere al momento disponibile sul profilo di rischio del vaccino Covid, effettuata su 99 milioni di persone, ha comparato la quantità di diversi eventi patologici dopo la vaccinazione rispetto alla “baseline” nota per ciascun evento. Ha due grossi punti deboli: il primo è che la probabilità di segnalazione cambia in base alla circostanza. Per intenderci, un mal di testa lancinante di uno o due giorni arrivato all'improvviso, senza spiegazioni, può portare un soggetto ad allarmarsi e andare in ospedale, mentre lo stesso mal di testa dopo la vaccinazione può essere considerato un effetto collaterale “normale”: nel primo caso si rileva che c'è stata una trombosi parziale del seno venoso, nel secondo caso sfugge.
Certo, può succedere anche il contrario, ma il modo in cui si è stati condizionati ad accettare come del tutto normale il fatto di stare malissimo a seguito della vaccinazione – due persone fra i miei contatti stretti hanno avuto paralisi di Bell dopo il vaccino e non sono andati in ospedale, cosa che di sicuro avrebbero fatto, presi dal panico, se gli fosse venuta dal nulla – mi porta a pensare che la stima degli eventi avversi dopo il vaccino sia al ribasso rispetto agli stessi eventi segnalati in altre circostanze.
Il secondo punto debole è che non ha stratificato per appartenenza demografica: non c'è divisione per età, né per sesso. E da altri studi è emerso che il vaccino non è ugualmente rischioso per tutti: l'infiammazione cardiaca in particolare è un rischio enorme per i giovani uomini, ma trascurabile per le vecchie donne. Metterli assieme rischia di sottostimare diversi segnali. E nonostante questo, l'analisi ha rilevato numeri degni di attenzione per: trombocitopenia immunitaria, convulsioni febbrili, miocardite e pericardite, tachicardia sopraventricolare, paralisi di Bell, trombosi del seno venoso, embolia polmonare, encevalomielite acuta disseminata.
Mi rendo conto che, vista superficialmente, 1 reazione potenzialmente letale o invalidante su 10.000 o 50.000 somministrazioni può non sembrare molto, ma è un numero allucinante. Si tratta dello stesso ordine di grandezza del potenziale letale o invalidante del Covid per la stragrande maggioranza delle persone, ed è assurdo che venga imposto un farmaco per prevenire una malattia che si porta dietro un rischio anche solo vagamente comparabile a quello della malattia stessa. Giusto per riferimento, il vaccino per l'influenza suina creato nel '76 è stato ritirato dal mercato per 1 caso di sindrome di Guillain-Barre su 100.000 somministrazioni e quello per il rotavirus del '99 per 1 caso di intussuscezione intestinale su 10.000 somministrazioni.
Uno degli studi che ha evidenziato un rischio diverso in base alla demografica di appartenenza è stato questo effettuato nel Regno Unito, che ha appunto comparato le infiammazioni cardiache a seguito delle vaccinazioni con quelle a seguito di infezione da Covid, stratificandole per età e per sesso. Ne è emerso che, mentre per le persone sopra i 40 anni il rischio è più alto nel caso di infezione, per quelle sotto i 40 anni il rischio è più alto nel caso di vaccinazione, a partire dalla seconda dose.
Ci sono delle differenze marcate per sesso e altre piuttosto trascurabili in base al vaccino usato. Ad esempio, per le giovani donne il rischio risulta più alto di poco e solo con Moderna, mentre per i giovani uomini di molto e anche con Pfizer. Va comunque notato che la comparazione sarebbe risultata molto più sfavorevole per ogni demografica se gli autori avessero calcolato il rischio di miocardite post-Covid utilizzando la sieroprevalenza, ossia tenendo conto della probabilità di sviluppare l'infezione, anziché considerando solo le persone che l'hanno sviluppata.
Per intenderci, il rischio di morire avvelenati dopo aver mangiato da McDonald's risulterà molto più alto se calcolato sul numero di persone state male dopo aver mangiato da McDonald's rispetto a quello calcolato contando anche le persone che ci hanno mangiato e non hanno avuto niente. Lo studio ha usato il primo metodo, di fatto sovrastimando il rischio assoluto delle miocarditi post-Covid.
Questa revisione sistematica ha raccolto 29 studi analoghi, effettuati in tutto il mondo, e confermato le stesse conclusioni: il rischio di infiammazione cardiaca post-vaccino, per i giovani uomini, è significativamente più alto del rischio di complicazioni simili dovute al Covid.
Vale anche la pena menzionare questa meta-analisi sulle autopsie, che ha preso in esame 44 studi randomizzati, per un totale di 325 indagini effettuate su pazienti morti per insufficienza d'organo – cardiaca, polmonare, vascolare, cerebrale o sistemica – che avessero ricevuto una vaccinazione per il Covid nei mesi antecedenti, e concluso che nel 73,9% dei casi la morte è stata verosimilmente causata da un danno proveniente dalla stessa. Sia chiaro, un’analisi su un campione così ristretto non è adeguata a stimare l’effettiva proporzione di morti causate dal vaccino nella popolazione generale, ma smonta l’idea diffusa che eventuali effetti collaterali, e in particolare quelli letali, si manifestassero necessariamente entro pochi giorni o settimane. Non sorprende che, dopo aver passato la peer-review, sia stata pubblicata e successivamente ritirata da ben due riviste per pressioni editoriali, prima di trovare nuovamente spazio sulla rivista Science, Public Health Policy and the Law, dopo aver passato una nuova peer-review.
Credo di aver reso a sufficienza l’idea di quanto siano stati sottovalutati i potenziali danni della vaccinazione, ma anche il puro e semplice vantaggio di una minore probabilità di prendersi il Covid che conferiva è venuto meno non appena il virus ha cominciato a mutare, ci si è cominciati a reinfettare e si è cercata la soluzione nei booster.
Questo studio effettuato dalla Cleveland Clinic sui suoi circa 50.000 impiegati, all'uscita del primo vaccino bivalente, allo scopo di verificare quanto essere “al passo” con le dosi diminuisse la probabilità di ammalarsi di Covid, ha scoperto che… le aumenta. Chi ha ricevuto quattro o più dosi si ammala di più di chi ne ha ricevute tre, che si ammala di più di chi ne ha ricevute due, che si ammala di più di chi ne ha ricevuta una sola, che si ammala di più di chi non ne ha ricevuta nessuna. Il vaccino ha mostrato un risultato negativo sulla protezione dal virus, crescente col numero di dosi.
Naturalmente, i critici dello studio hanno sostenuto che si trattasse di un coincidenziale artefatto statistico. Altri ricercatori invece hanno ipotizzato che la ragione fosse da ricercarsi nell'imprinting immunologico: i vaccinati sviluppavano anticorpi per la sola proteina spike, che è una parte altamente specifica e altamente mutevole del virus. Quest'immunità molto parziale rispetto a quella naturale, unita alla pressione evolutiva esercitata sul virus con le vaccinazioni di massa, li avrebbe portati paradossalmente a essere più suscettibili a ogni nuova variante.
Questo studio effettuato in Israele ha dato supporto all'ipotesi dell'imprinting immunologico, constatando non solo che i vaccinati hanno una probabilità tredici volte superiore rispetto ai non vaccinati che hanno già contratto il virus di ricontrarlo, ma anche di ammalarsi più severamente dopo l'infezione con varianti più “docili” come la Delta. Il vaccinologo
lo ha riportato in un articolo, ribadendo consolidata da più fonti la netta superiorità dell'immunità naturale come protezione dalla reinfezione e osservando peraltro la stessa tendenza rilevata dallo studio della Cleveland Clinic sulla popolazione della provincia dell'Ontario, in Canada: più dosi di vaccino = più reinfezioni.Ma a mettere la pietra tombale su tutto, per quel che mi riguarda, è stata questa indagine effettuata su nientemeno che i documenti dell'originale studio di Pfizer da un team di ricercatori indipendenti, non affiliati con i finanziatori dello stesso.
Come avevo detto, dopo aver ottenuto l'autorizzazione emergenziale, al primo follow-up, Pfizer e Moderna hanno offerto anche a chi aveva ricevuto il placebo la possibilità di vaccinarsi. Fino a quel momento, dei più di 40.000 partecipanti allo studio Pfizer, ne erano morti 15 nel gruppo dei vaccinati e 14 nel gruppo placebo. Dopo sei mesi, i morti erano aumentati a 21 nel gruppo di quelli vaccinati fin dall'inizio e a 17 nel gruppo di quelli vaccinati successivamente. Entrambi in realtà sono numeri estremamente esigui rispetto alla mortalità spontanea che ci si aspetterebbe in sei mesi di tempo fra così tante persone. La spiegazione più plausibile è che la maggior parte dei decessi sia avvenuta fra i 395 soggetti su cui non si è riuscito a fare alcun follow-up perché dispersi.
Resta che lo studio siffatto, che era l'unica possibilità per tirare fuori dei dati randomizzati privi di bias sul vaccino Pfizer, coi risultati che ha portato al follow-up di 6 mesi non ha dimostrato che lo stesso abbassasse la mortalità complessiva rispetto al placebo. Ripeto, casomai non fosse chiaro: lo studio di Pfizer non ha dimostrato che il vaccino abbassasse la mortalità complessiva rispetto al placebo. Che è ciò che realmente conta, alla fine: poco importa che salvi dal Covid se poi fa morire per qualcos'altro. A tal riguardo, dall'analisi forense è risultato che i soggetti vaccinati avevano 3,7 volte la possibilità di sviluppare eventi cardiaci rispetto ai soggetti del gruppo placebo e che dei 15 soggetti la cui diagnosi è stata di morte improvvisa, 12 sono morti per eventi cardiaci, di cui 9 vaccinati. Dettagli, questi, che Pfizer ha omesso dal proprio report alla FDA.
Non che importi, giacché anche ora che si sanno questa non ha preso alcun provvedimento a riguardo.
Le mie conclusioni
Quanto successo fra il 2020 e il 2022, fra lockdown e campagne vaccinali, è stato una magistrale dimostrazione dell'assoluta barbarie della tecnocrazia. In primo luogo per come assegna alla scienza un ruolo che non le appartiene e in secondo luogo per come nega la fallibilità dei cosiddetti esperti, intesa sia come fallibilità tecnica che come fallibilità umana.
Lo slogan #followthescience è uno specchietto per allodole. La scienza serve a descrivere, non a prescrivere. Il cosiddetto “agire scientifico” è un'autosuggestione che viene dal confondere le nozioni che la scienza fornisce con le implicazioni che se ne traggono. Se sia giusto o sbagliato abortire un feto, in ultima istanza, non saranno la presenza di un battito cardiaco o di un segnale encefalico a dircelo, e altresì non sarà un assestamento sui rischi di un farmaco a dirci se sia giusto o sbagliato imporlo ad alcuni per proteggere altri.
“I dati parlano”, certo, ma non danno giudizi di valore. Non sono in grado di farlo quando sono semplici, completi e univoci; figuriamoci quando sono complessi e con enormi margini di incertezza; figuriamoci, a maggior ragione, quando a fronte di questa complessità le istituzioni, i media e la comunità scientifica stessa rispondono mettendo in atto ogni possibile incentivo per considerarne solo una parte. Se mai poteva esserci un dibattito sulla legittimità della censura come mezzo per contrastare la disinformazione, si è estinto nel momento in cui la palla dell'emergenza è stata colta al balzo per classificare come disinformazione qualsiasi commento o interpretazione dei dati che andasse contro la versione dei fatti e le policy in essere, anche nell'ambito del dibattito fra accademici equamente qualificati.
Ma a tal proposito, cos'era di preciso a determinare se fossero qualificati? Un divulgatore scientifico relativamente noto su Facebook di cui non voglio fare il nome, grande proponente della tecnocrazia, diceva “sui vaccini ascoltiamo i virologi”. E perché non gli infettivologi? E non anche gli esperti di medicina territoriale e i biologi evoluzionisti? Mica vorremmo rischiare di perderci pezzi, no? Ma allora, visto che nessuna professione medica è qualificata per parlare delle ramificazioni economiche degli interventi sulla salute pubblica, ascoltiamo anche gli economisti! Però, ora che ci penso, che ne sanno gli economisti delle conseguenze psicosociali a lungo termine dell'imporre misure così drastiche alle persone? Ascoltiamo gli psicologi per quello? E quale psicologo ha mai avuto a che fare con situazioni simili a questa prima?
Quando, come sovente avviene, lo scenario è così complesso e imprevedibile che cercare di spaccare il capello lascia lo stesso margine di incertezza di tirare una moneta, ciò che succede è che si torna agli istinti primordiali. Si prega, a tutti gli effetti. E si scelgono gli esperti a cui dare ascolto come si scelgono i sacerdoti: sulla base di quanto si allineano all'ortodossia morale stabilita a priori. Quando questa diceva che salvare vite era la cosa più importante, i qualificati erano quelli a favore del lockdown; quando questa diceva che i vaccini erano sicuri ed efficaci, i qualificati erano quelli a favore della vaccinazione universale. Chi obiettava ad alta voce perdeva istantaneamente il suo status, a prescindere dalle credenziali: diventava un ciarlatano delirante e pericoloso, e andava quanto possibile silenziato. In alcuni casi, punito revocandogli la licenza e la possibilità di lavorare.
Ciò ha messo le condizioni perfette per creare un'illusione di consenso, in cui sono caduti tanto i membri del pubblico generale quanto, appunto, una buona parte dei suddetti esperti. I primi un po' per il disperato bisogno psicologico di aggrapparsi a una certezza e un po' per la romanticizzazione del processo scientifico che caratterizza i nostri tempi. I secondi, forti dell'appoggio dei primi, credendosi immuni dalle più basilari dinamiche umane come i meccanismi di groupthink.
Siamo la generazione dei “fan della scienza”: gente convinta di amarla e di comprenderla, che ne parla come se se la portasse a letto quando in realtà le sta solo guardando il culo mentre passa per strada; gente dello stesso spessore intellettuale di un qualsiasi tifoso, ma rigonfia del fatto che gli idoli dietro ai quali perde la testa non sono personaggi dello sport o dello spettacolo; gente che gode nel vedere Roberto Burioni umiliare pubblicamente individui con la terza elementare e condivide a raffica post di Adotta anche tu un analfabeta funzionale senza porsi il dubbio di quanto questa ossessione con la cretinaggine altrui dica del proprio ordine mentale; gente che, in ultima istanza, vede nella figura dello scienziato il surrogato di una guida spirituale a cui rivolgersi per trovare la retta via. Col risultato che, ovviamente, lo scienziato si crede infallibile nel suo conclave, inizia ad agire dandosi propositi da eroe messianico anziché come neutrale osservatore della realtà e sviluppa dei punti ciechi tanto più ampi sull'argomento di sua competenza quanto più è ristretta la cerchia di persone ammesse pubblicamente a parlarne.
Mi rendo conto di fare domande difficili, ma come si può dare ancora credibilità a uno come Burioni quando, dall'alto della sua cattedra, ha detto che l'origine del virus era al 100% naturale e non ci ha preso; ha detto che AstraZeneca era sicuro ed efficace e non ci ha preso; ha detto che i vaccini hanno salvato milioni di vite senza proporre alcuna ragionevole ipotesi sul perché, allora, da quando li hanno distribuiti la mortalità in eccesso sia solo aumentata; ha detto che la carriera tennistica di Djokovic sarebbe stata breve e… beh, anche questa previsione sappiamo come è andata.
Lo ribadisco di continuo: sono un signor nessuno, un coglione che parla su Internet senza alcuna competenza specifica. E se pure chi ce l'ha ha fatto errori madornali, non dubito di averne fatti io nelle mie analisi ignoranti. Ma resta che con esse non ho mai voluto reclamare nulla se non la libertà di decidere per me stesso in uno scenario in cui nessuno aveva la verità assoluta in mano. Non ho mai detto “non vaccinatevi” – anzi, non ho alcun problema a riconoscere il vantaggio a breve termine della vaccinazione contro il ceppo originario per le demografiche più a rischio – e certo non mi sono mai posto allo stesso modo in cui chi aveva deciso di fare un atto di fede verso i sedicenti esperti si poneva nei confronti di chi, come me, aveva deciso di non farlo, vedendo la nonchalance con cui millantavano certezze senza avere nulla in mano, si smentivano da un giorno all'altro e poi cercavano di far passare il tutto come normale autocorrezione del processo scientifico, al massimo ammettendo qualche “errore di comunicazione”.
A tal proposito, immagino che nessuno se lo ricordi ormai, ma giusto poche settimane prima di imporre l'utilizzo delle mascherine a chiunque, persino ai bambini, il CDC aveva dichiarato che non servissero a nulla. YouTube aveva persino demonetizzato il canale YouTube di Bret Weinstein ed
perché questi avevano, tentativamente, suggerito di indossarle senza che fosse ancora sancito dalle linee guida ufficiali. È la scienza che “si è aggiornata” nel frattempo? No, a quanto pare il CDC aveva ragione prima: non vi era mai stata alcuna evidenza solida che le mascherine bloccassero i virus respiratori e non vi è tutt'ora, come evidenziato dalla Cochrane review sulla base degli studi disponibili. Ma se persino la Cochrane, una delle più importanti associazioni di revisione sull'efficacia e sulla sicurezza degli interventi sanitari al mondo, è stata bullizzata dal resto dell'intellighenzia per ridimensionare le proprie affermazioni scomode, cosa poteva sperare di fare un semplice individuo come me? E infatti la mascherina dovetti portarla.Anche il vaccino dovetti farlo. Dovetti farlo per poter tornare a lavorare, a fare le cose che amavo e a condurre una vita normale. Ammiro chi ha avuto il modo, le finanze e la forza psicologica di andare avanti a tamponi a giorni alterni o rinunciare a tutto pur di tenere fede al proprio principio. Io già ero a due passi dall'emulare il mio amico e lanciarmi dal balcone, e non ce l'ho fatta a sopportare oltre. Ho deciso di piegarmi, di subire la violazione al mio libero arbitrio e al mio corpo, per la gioia sadica di quelli secondo cui tutto ciò è stato giusto: in buona parte, la stessa folla pronta a gridare #mybodymychoice per reclamare il diritto di ammazzare il proprio figlio in grembo. Immagino gli farà piacere sapere che nel 2022 ho effettuato la vasectomia. Da qualche anno ormai nutrivo il sentore che questo potesse non essere un mondo in cui avrei voluto far nascere un bambino, e quanto successo me ne ha dato la conferma definitiva. Oppure, chissà, forse interrompere la mia linea genetica è stato un modo per sublimare il mio desiderio di morire.
Perché racconto tutto questo? Avevo giusto chiuso il precedente articolo dicendo che sarei tornato a parlare di figa e invece ne ho tirato fuori uno ancora più lungo su roba che non c'entra niente. Immagino non guasterà una spiegazione.
Manifestare e motivare ciò che penso sulla gestione del Covid è stata per cinque anni la mia unica, misera rivalsa. Fin da subito mi è costata una parte importante delle mie precedenti amicizie e tutt'ora, ogni volta che tocco anche solo di striscio l'argomento, mi costa una parte del mio pubblico. Qualcuno che per qualche motivo non era ancora familiare con la mia posizione se ne va in silenzio, qualcun altro invitandomi a non esprimermi su argomenti che non mi competono e qualcun altro ancora facendomi notare quanto sono moralmente ripugnante. L'ultima volta è successo sotto al video sullo stato della società che ho messo su Youtube il mese scorso e mi ha dato particolarmente fastidio, non so se perché il soggetto in questione prima ha dato la colpa ai non vaccinati del fatto che sua madre fosse quasi morta di Covid e poi, scrutinato, ha ammesso che sua madre era stata fra i primi a vaccinarsi e aveva sottovalutato l'infezione proprio perché appena vaccinata; oppure perché nel tentativo di dimostrare che fossi un somaro ha dimostrato invece di avere una caratura intellettuale pure inferiore a quella morale.
Ho messo il pin al suo commento poiché la discussione che ne è seguita lo ha mostrato come la perfetta rappresentazione del tipo di persona a cui mi riferivo nel video dicendo “considero ormai un vanto il loro disprezzo”. Non si è fatto scrupoli a mentire sulla propria madre per sostanziare quanto trovasse ripugnante la mia posizione e non aveva alcun interesse a capirne i motivi, poiché non era in grado di concepire potessero essercene di legittimi. Infatti non mi ha chiesto studi a supporto di ciò che dicessi, se non dopo aver fallito nel cercare di incastrarmi diversamente. Al che ho pensato tanto valesse andare a ripescarne alcuni e cominciare a scriverli lì, come bozza da utilizzare per questo articolo. Non ho letto le sue ulteriori risposte e non mi interessa farlo: c'è un limite al tempo che sono disposto a perdere dietro a uno già partito in palese malafede che pensa di potermi dare lezioni di scienza senza avere la minima cognizione di come funzioni il processo scientifico. Potete leggerle voi, se vi interessano. Chissà che non contengano qualche obiezione intelligente, anche solo per semplice coincidenza.
Per la seconda volta, non dubito ci siano errori madornali nelle analisi che ho fatto, ma resta che non ho mai voluto usarle per altro che per decidere per me stesso, in uno scenario cui anche gente competente dimostrava di continuo di fare errori madornali e decisioni pubbliche draconiane venivano prese come se fossero ovvie e giuste, con la piena approvazione della stessa gente pronta a vedere il fascismo in un formato di pasta. Beh, il fascismo non l'ho mai vissuto, ma ciò che ho vissuto fra il 2020 e il 2022 è stato abbastanza per provarmi in via definitiva che la nostra decantata civiltà liberale non è affatto al di sopra del controllo totalitario che così facilmente denuncia altrove. Solo, ama esercitarlo come una donna: in modo da poterlo negare plausibilmente. E questa è l'unica cosa che la frena davvero dal puntare la pistola in faccia a coloro che vuol silenziare, preferendo distruggerli tramite l'emarginazione sociale.
A tal proposito, indovinate che ha fatto il soggetto di cui sopra dopo la nostra debacle? Ha scritto in privato ai miei amici Luca (WannaBeHuman) e CJ (Homo Sapiens) per cercare di dissuaderli dal dare spazio a un “no-vax” come me sul loro podcast (TheCostruity). Sono sorpreso? No. Sono metodi comuni fra chi si sente un infallibile paladino del bene.
In ultima istanza, ho scritto questo articolo perché di Covid, e di tutto ciò che ne è seguito, non voglio più parlare. Non nel senso che intendo mettermi alle spalle quanto successo – questo non lo farò mai – ma che sono stufo di giustificare le mie idee a riguardo ogni volta che qualcuno cerca di mettermi sotto i riflettori per la loro presunta devianza, dunque da oggi in poi mi limiterò a rimandarlo qui. Lui, o lei, non se lo leggerà mai, ma almeno il resto del mio pubblico saprà che certe idee non me le tiro fuori dal culo, che le condivida o meno. Per questo pubblico, cioè per voi che siete arrivati fino in fondo, chiuderò con un consiglio che spero vi rimanga impresso come è rimasto impresso a me quando l'ho ricevuto a mia volta, anni fa.
Non ritenetevi immuni dall'utilizzare selettivamente i dati e la logica per razionalizzare i vostri dogmi solo perché siete “studiati”. Se l'effetto immediato dell'esprimere il vostro ragionamento, o liquidare quello altrui, è di sentirvi indubitabilmente dalla parte del bene, fermatevi un attimo e assicuratevi che la priorità della vostra mente non sia, appunto, quella di facilitare questa sensazione di rettitudine morale piuttosto che andare davvero a fondo della questione, magari a costo di metterla alla prova.
Aggiungo una postilla per quelli di Razionalismo 3.0, che in data 08/06 si stanno occupando di fare un'intera diretta di “debunking” di questo articolo su Youtube. Non so chi siate, ragazzi, ma mi lusingate. State dandomi più importanza di quanta non me ne dia io stesso. Buon divertimento!
È un ottima analisi di ricerca e analisi, ho sempre saputo che le misure restrittive alla libertà (arresti domiciliari collettivi) erano illegali secondo le stesse leggi dello stato; ho anche notato che si i risultati di queste misure non c'erano e non si notavano differenze importanti tra nazioni più o meno dittatoriali, ma sui vaccini non mi sono mai informato più di tanto